sabato 26 gennaio 2013

Cultur@mi intervista Orelle


Elisabetta Pasquale, in arte Orelle, classe 1990, biscegliese, cantautrice.

“Per il momento non mi pongo il problema di ‘etichettarmi’ , per il momento sperimento”-


Elisabetta Pasquale inizia a suonare la chitarra classica nel più classico dei modi, seguendo le lezioni di un insegnante conosciuto in parrocchia. Il canto è venuto da sé, in maniera naturale per diventare poi parte integrante della sua vita. Ha suonato con un gruppo rock al femminile e nei Convira [gruppo progressive rock molfettese, ora scioltosi], dove ha scoperto il grande amore per il basso.

 
Come e quando è nata Orelle?Orelle è nata ad aprile dello scorso anno, esattamente il 26 aprile. Le canzoni continuavano a crescere sulla mia agenda e ho sentito la necessità di provarci, da sola, di mettermi in gioco in prima persona. Orelle significa, per me, “Ora elle” cioè “ora c’è lei”, ora ci sono e voglio provare ad esserci da sola; ho inventato questo nome anche per assonanza al nome belga “Orelì” , poi ho scoperto che esiste un villaggio francese che si chiama proprio così, ed è di una bellezza disarmante!


Come scrive Orelle?Cerco di immedesimarmi in un’emozione, faccio mio tutto ciò che vedo, mi calo nei panni di chi mi è vicino. Il bisogno di scrivere mi prende in qualsiasi momento e quando arriva devo assolutamente ricordarlo, registrarlo, infatti con me c’è sempre la mia agenda.
Si possono “addomesticare” i pensieri ma, a volte, sono loro che vengono da me. Ho un’idea romantica per quanto riguarda il comporre: è la canzone che sceglie la persona, il cantautore è solo un tramite.


Cosa racconta la tua musica?Sono propensa a raccontare la donna, lo sguardo femminile. “Muori Diana” e “Beatrix” parlano della morte della femminilità, purtroppo oggi circola una visione frustrante della donna. In “Beatrix” sono anche un po’ cattiva quando canto “ti piace far finta di essere il sesso debole”, in molte fingono per non prendersi la responsabilità della parità dei sessi.

Ascolta "Muori Diana"



 Arriva prima una sensazione o un accordo?Arrivano in due momenti distinti,quasi mai insieme. Compongo come si fa con un puzzle o come se avessi una tavolozza di colori. Solo con “Roma bianca” mi è successo che arrivassero insieme, è il mio pezzo più autobiografico e ogni volta che la canto ho sempre difficoltà a rimanerne fuori, mi coinvolge troppo.



Il contrabbasso è il tuo nuovo grande amore. Cosa sta portando di nuovo nella tua musica?
Paura, ansia, innamoramento. Ho idealizzato questo strumento e voglio assolutamente portarlo nei miei pezzi. L’uscita del mio EP è ancora tutta un work in progress, anche perché ora c’è il contrabbasso, per cui voglio continuare a studiarlo, continuare a scrivere e sperimentare, sono alla ricerca della mia via.



Qual è l’impronta Orelle?Sta nascendo gradualmente, non sono ancora inquadrata in un determinato genere. Mi piacciono i Marta sui tubi, Bon iver, la scrittura di Dalla e la pura musica strumentale: adoro The Cinematic Orchestra. Amo tutto ciò che ha da dire qualcosa ed è questo ciò che cerco. Mi piace giocare coi tempi, non seguire la linearità sia sul piano della lirica sia su quello dei ritmi. Per il momento, è solo l’inizio di un’impronta.

 








Nessun commento:

Posta un commento