mercoledì 4 dicembre 2013

Reportage - "Orlando pazzo per amore" @Teatro comunale di Corato (Ba)


“Questo zig zag tracciato dai cavalli al galoppo e dalle intermittenze del cuore umano”. Così Italo Calvino descrive quella che è una tra le opere più rocambolesche e ardimentose della letteratura italiana. 
Portare in scena “il poema del movimento” e trascinare i personaggi e il pubblico stesso in una giostra caleidoscopica di emozioni è cosa ardua.


 
“Orlando pazzo per amore, tragicommedia pop”, della Compagnia del Sole, per la regia di Flavio Albanese e Marinella Anaclerio, in scena il 28 e il 29 novembre scorsi al Teatro comunale di Corato, riesce ironicamente a catapultare lo spettatore nel mondo dei cavalieri erranti e mai soddisfatti.
L’intento è quello di ricostruire l’eterno dissidio tra le “arme” e gli “amori”, di rivisitare un classico senza avere la pretesa di ricalcarlo ma con la volontà di reinventarlo mescolando la commedia dell’arte con l’epica, il tragico con il comico.
I personaggi si rincorrono senza tregua in un vortice di echi, richiami, illusiorie visioni, vivendo a pieno la scenografia, essenziale ma costruita come una vera e propria scatola labirintica, dalla quale gli attori sbucano, scappano o sono risucchiati.
Componente originale, che funge da cornice, è la musica dal vivo, la quale dà l'impressione di essere quasi improvvisata da una strampalata band che vuol commentare musicalmente gli accadimenti che si succcedono sullo sfondo costante della guerra tra cristiani e musulmani, che reiteratamente viene richiamato dalle onnipresenti figure che si muovono goffamente e rapidamente sulla scena.

 

Sin dall’inizio domina l’eco insistente e capriccioso della bella Angelica in fuga da tutti e da tutti inseguita; la principessa del Catai, emblema del vano desiderio, diventa una macchietta cinesina arguta e logorroica che stordisce, in uno strettissimo e velocissimo dialetto locale, chi la ascolta e riesce nell’intento di far passare il dialetto per un vero e proprio idioma orientale.
Bradamante, altra figura femminile, imponente e impetuosa, rincorre in mille peripezie l’amato Ruggero che per l’occasione sfoggia un talento neomelodico napoletano crogiolandosi sulle note di Murolo.

 
L'irrazionalità del movimento si intensifica all'interno del palazzo di Atlante, un vero e proprio buco nero nel quale i personaggi vengono risucchiati dai fantasmi dei loro desideri,  perdendo il controllo e dimenticando il loro dovere di cavalieri. Ma lo smarrimento più acuto e ditruttivo sarà quello da cui diventerà vittima  Orlando che dopo aver scoperto l'amore tra Angelica e  Medoro, verrà "in furore e matto / d'uom che sì saggio era stimato prima" tanto da abbandonandosi ad una struggente quanto ironica versione di “Yesterday”. Così  Astolfo sarà costretto, con un ippogrifo dalle sensuali fattezze, ad andare fin sulla luna per recuperare il senno dell’amico Orlando, accompagnato dalle note di “Fly me to the moon” con tanto di bandiera americana e goliardiche coreografie.
 




“Orlando pazzo d’amore” scorre piacevolmente e, intelligentemente, tiene ben saldi, attraverso un appropriato uso del ritmo, i fili di un’opera che sembra non finire mai; i giovani e talentuosi attori coinvolgono il pubblico con la loro sapiente gestualità e con l’irriverente ironia caricaturale propria della commedia dell’arte. 
Lo spettacolo è una successione di capriole all’infinito, in cui si perdono l’equilibrio e l’orientamento, ma si continua a ridere e a rotolare.
 
 


 

 

 

 

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